Il blitz della polizia francese del 28 novembre non ha portato alla luce una sola presunta “vittima” di Gregorian Bivolaru

…Ad una mia amica, anche se lei ha aperto loro la porta, le si sono avventati, l’hanno buttata a terra e ammanettata.

…Ci hanno tenute al freddo, urlandoci contro. Siamo rimaste fuori in giardino, a fine novembre, esattamente come eravamo vestiti, e alcuni addirittura a piedi nudi per più di un’ora. Alcune persone li hanno pregati di dar loro qualcosa dall’interno della casa, di portar loro un cappotto, ma loro semplicemente non erano interessati.

…Ci hanno portato in una camera, in una stanza nel seminterrato, per tenerci tutti e noi letteralmente cercavamo di aiutarci l’un l’altro e ogni persona che andava nel seminterrato, perché non era più in giardino, cercava di togliersi una giacca o qualcosa da vestire che aveva addosso e di darlo a qualcun altro che era ancora svestito e in piedi al freddo… perché non sapevamo quanto sarebbe durato. Non ci hanno detto nulla, abbiamo continuato a chiedere se avevano un mandato, perché erano venuti da noi, cosa stava succedendo e non ci hanno prestato attenzione. Hanno semplicemente detto che era la polizia giudiziaria e che avevano il diritto e che sapevano quello che stavano facendo e che tutto era legale e che non avevamo diritto a nessun avvocato, non dovevamo chiedere alcun mandato, non dovevamo ottenere alcuna informazione.

…Sono venuti con i loro telefoni personali per fotografarci, per inviarle ai loro amici, o forse ai giornali, non abbiamo modo di saperlo.

… Hanno fotografato ognuno di noi come se… fossimo dei criminali.

… Erano mascherati dalla testa ai piedi e molto aggressivi.

… Ridevano di noi e ci dicevano: “Ma come, siamo venuti per liberarvi, per farvi del bene”. E noi abbiamo detto: “Ma che bene mi fate, io sono qui che dormo, ho le mie cose, nessuno mi disturba con niente, e tu mi prendi, mi minacci con una pistola, mi tieni al freddo svestita, mi porti non so dove, che razza di liberazione è questa?”. E a loro non importava, ci hanno confiscato i documenti, ci hanno confiscato i telefoni, così non potevamo contattare nessuno…

…Dicevano di essere venuti a salvarci, ma si sono comportati con noi come se fossimo delle criminali o avessimo fatto qualcosa di male, non ci hanno lasciato sole nemmeno in bagno, venivano con noi in bagno.

…Ci hanno preso tutti i documenti, i telefoni, ci hanno detto di prendere i nostri oggetti di valore e di fare un piccolo bagaglio, che ci avrebbero portato in un altro posto, in una città dove saremo…

…Ci hanno messo su un camioncino, ci hanno scortato a sirene spiegate e noi nel camioncino chiedevamo: “Ma cosa sta succedendo? Dove ci portate e cosa volete da noi?”.

…Una delle poliziotte ci ha detto tre… praticamente tre capi d’accusa in quell’operazione. Noi siamo rimaste a bocca aperta.
Abbiamo detto “Ma cosa c’entriamo noi con tutto questo?”.
Loro hanno detto: “Voi siete le vittime”

– “Vittime di chi?… Che … quindi voi ci avete privato della nostra libertà, avete preso i nostri documenti, avete preso i nostri dispositivi elettronici e noi non possiamo sapere cosa sta succedendo, da qualche ora”.

…Ma noi non conosciamo bene la vostra legge, non capiamo bene la vostra lingua, abbiamo bisogno del consiglio di un avvocato, quindi non mi sento al sicuro a parlare con qualcuno di cui non conosco la lingua e di cui non conosco bene la legge, senza consultare un avvocato.

…Ci hanno portato via da un luogo dove eravamo tranquille, vivevamo la nostra vita e stavamo bene, avevamo tutto, e ci hanno buttato per strada in un paese straniero.

…E a un certo punto, mentre eravamo alla stazione di polizia, ci hanno detto che sarebbe arrivata una rappresentante di un’associazione che protegge le vittime. Quando questa persona è arrivata, si è presentata, ma si è presentata per gli interpreti, non per noi, non ci ha nemmeno guardato. Ha detto che ci offriva… che rappresenta un’associazione che tutela le vittime, che è venuta per spiegarci i nostri diritti di vittime e per offrirci un rifugio, ma ci voleva condizionare a parlare, a divulgare informazioni.

…Ci hanno dato dei moduli orribili, qualcosa del tipo che siamo testimoni e dobbiamo dire quello che sappiamo su stupri, sequestri di persona, accuse terribili.
Non era una dichiarazione in cui dici il tuo nome e cognome, il numero di telefono, l’indirizzo e-mail, dove sei stato, dove stai andando, in modo che possano contattarti: erano dieci pagine di accuse molto strane e ci hanno detto che non ci ridaranno i nostri documenti, non ci daranno i nostri telefoni, non ci lasceranno andare, ci interrogheranno separatamente e che ci arresteranno se non firmiamo quelle dichiarazioni.
Voglio dire che non si sono comportati in modo umano, come qualcuno che si prende cura di qualcuno, che aiuta qualcuno, è stata un’aberrazione, è stata la massima ipocrisia, quindi sono stati assolutamente terribili, non ci si comporta così con nessuno, è stato subumano, non si fa così.

…Hanno iniziato a gridarci contro, a battere il pugno sul tavolo, a dire che sono stanchi, che dalle 2:30 del mattino hanno iniziato a preparare questa operazione e vogliono andare a casa, che sono stati gentili con noi e vediamo come cambiano le carte in tavola se non facciamo quello che vogliono.

…Quando ci siamo rifiutate di firmare quei moduli così strani e che non avevano nulla a che fare con la realtà, hanno cominciato a prenderci separatamente e a interrogarci, a gridare, a battere il pugno sul tavolo e a dirci che non siamo accusate di nulla, che è un’operazione perfettamente normale e che non abbiamo bisogno di nessun avvocato.

…Ci hanno preso le carte di identità o i passaporti, i telefoni; in tutto questo tempo hanno continuato a perquisire la casa, l’intera atmosfera era così… di un calvario, di rumori molto forti, di grida, cioè non so, proprio come nei film polizieschi in cui… cioè hanno a che fare con trafficanti d’armi, trafficanti di droga, cosa che non era il caso con noi e non eravamo in quella categoria.

…Inizialmente ci è stato detto di leggere e, solo se lo volevamo, firmare questi documenti. Dopo… dopo un certo tempo, in cui alcune delle persone che erano state prese separatamente per l’interrogatorio tornavano, altre andavano, è arrivata anche la traduttrice in rumeno, che probabilmente era anche lei una poliziotta, e ha chiesto perché… ha chiesto se qualcuno aveva firmato e noi abbiamo detto di no e lei ha detto perché, che era obbligatorio, e ha iniziato a gridare e che era obbligatorio firmare questi documenti, e che era obbligatorio, obbligatorio! Poi noi abbiamo detto che no, che è facoltativo, solo se vogliamo firmare e che non è obbligatorio. Lei ha iniziato a urlare che era obbligatorio e a discutere con i suoi colleghi. Poi se n’è andata… e non è più tornata.

…Abbiamo chiesto se era obbligatorio firmare, ci hanno detto “no, no, no”, leggiamo e firmiamo, naturalmente lo abbiamo letto per vedere di cosa si trattava e poi ci siamo rifiutate di firmare, abbiamo restituito tutti i fogli. Poi è arrivata un’altra persona e ci ha chiesto: “Perché non avete firmato?” ed era in qualche modo aggressiva. Abbiamo detto che avevamo chiesto e che non era obbligatorio firmare, lei era molto nervosa e sbuffava, si vedeva che… E ci ha dato un’altra serie di fogli, questo foglio se lo firmavamo diceva “testimone” in alto. Poi ci hanno dato un’altra serie di fogli che non erano nemmeno tradotti, gli altri fogli erano tradotti in rumeno, ma la seconda serie di fogli era solo in francese. Non abbiamo firmato neanche quel foglio, perché non lo capivamo nemmeno, era in un’altra lingua e… ma eravamo spaventate, perché non sapevamo cosa sarebbe successo, se avrebbero preso anche noi per interrogarci, per intimidirci…

…Tutta l’atmosfera, fin dall’inizio, il modo in cui sono piombati su di noi, con urla, grida, sfondando le porte e poi l’aggressività con cui in qualche modo ci hanno costretto a firmare e a rilasciare dichiarazioni era in qualche modo l’opposto di quello che ci dicevano [n.b. che eravamo vittime], era un’atmosfera di terrore in qualche modo, ci hanno aggredito verbalmente e volevano intimidirci per farci dire non so cosa o per farci firmare quello di cui avevano bisogno.

…Ci hanno tenuto per diverse ore, quasi… allora dalle 6 del mattino, verso le 9-10 di sera ci hanno lasciato andare, per fortuna che a noi hanno ridato i telefoni, ma cosa fare, di notte dove andare…

…Abbiamo chiesto se eravamo sotto accusa o cosa stava succedendo e dicevano non ancora, non ancora.